Analisi del capitolo 17 de Il Principe

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Analisi del capitolo 17 de Il Principe

Analisi del capitolo 17 de Il Principe

In questo articolo trovate l’ analisi del capitolo 17 de Il Principe.
Il capitolo XVII de Il Principe di Niccolò Machiavelli è un chiaro esempio della coerenza della capacità analitica di Niccolò Macchiavelli (un umanista con una notevole intelligenza razionale). Machiavelli propone, grazie al “Principe” una semplificazione della realtà ed una costruzione testuale rivoluzionarie funzionali ad una futura messa i pratica da parte di un principe. Nel capitolo XV Machiavelli incomincia a sviluppare un discorso legato alla morale, a ciò che è corretto fare o meno per mantenere un principato solido ed avere un potere radicato. Nel capitolo XVII, come possiamo notare dal titolo in latino, che ne riassume il contenuto, parla della crudeltà e della pietà, se è meglio essere amati o temuti. Machiavelli incomincia questo capitolo facendo riferimento al capitolo XV, dove ha già esposto alcune qualità (sul piano morale) che il principe deve avere per mantenere perfettamente il principato, il suo regno. In seguito troviamo una tipica forma letteraria utilizzata da Machiavelli per enunciare determinate informazioni (r1, “dico che”) che ci permette di individuare più facilmente i nuclei fondamentali del discorso.
Il principe deve desiderar di essere ritenuto pietoso e non crudele, tuttavia deve prestare attenzione a non essere troppo generoso. Un’altra caratteristica tipica dell’autore è quella di riportare degli esempi concreti per rendere più veritiera l’opera e il contenuto stesso (sceglie esempi chiari, che mostrano cosa succede se si adottano determinati comportamenti).
L’esempio proposto è quello di Cesare Borgia. La sua crudeltà gli aveva permesso di riunire la Romagna, mentre i fiorentini per fuggire “el nome del crudele” lasciarono distruggere Pistoia. Un principe troppo pietoso lascia invece che scoppino disordini nella società. Questi due esempi mostrano chiaramente al lettore le due possibilità che ha un principe e le conseguenze per una determinata scelta.
Secondo l’autore sarebbe meglio essere amati che temuti; tuttavia è difficile conciliare queste due caratteristiche, quindi è meglio essere temuti. Un esempio molto palese è quello di Piero de Medici. A causa del passaggio delle truppe francesi il suo governo era indebolito e venne così rovesciato dal popolo, che non lo temeva più così tanto (il popolo fu precedentemente influenzato dalle prediche del Frate Girolamo Savonarola che profetizzava una futura vendetta di Dio a causa della corruzione).
Machiavelli lavorò per la Repubblica fino al 1512 quando la famiglia de Medici riuscì a ricostruire la signoria su Firenze, egli fu licenziato e l’anno seguente incarcerato con l’accusa di attività antimedicee. Dopo essere uscito di prigione si ritirò nella sua dimora all’Albergaccio, dove compose “il Principe“, un trattato di scienze politiche composto da 26 capitoli dove vengono esposti in maniera chiara e concisa le sue analisi politiche personali.
Continuiamo questa analisi del capitolo 17 de Il Principe osservando il pessimismo macchiavelliano nei confronti degli uomini, che ritiene cattivi per natura (r. 14-15 “ingrati , volubili, simulatori e dissimulatori, fuggitori de’ pericoli, cupidi di guadagno). Gli uomini sono, secondo questo capitolo, totalmente ingrati da offrirti tutti i loro beni (r 15-16) quando fai i loro interessi, ma quando è il principe ad avere bisogno si rivoltano.
La costruzione grammaticale “debbe non di manco” ci indica chiaramente che Macchiavelli sta introducendo un’altra caratteristica che deve avere il principe. Egli deve essere temuto ma non odiato, inoltre non deve rubare o uccidere, poiché sarebbe odiato dal popolo, ma soprattutto non deve toccare le proprietà dei sudditi, poiché gli uomini dimenticano prima la morte del padre che la perdita di un patrimonio.
Per finire Machiavelli (r.31 “concludo adunque”) riassume in poche righe se è meglio essere temuti che amati, concludendo che è importante essere temuti ma non odiati, perché solo il popolo decide chi amare.
In questo capitolo, per quanto riguarda lo stile, viene chiaramente mostrato l’uso della costruzione dilemmatica dell’autore. Ogni qualità viene distinta dalle altre e dopo aver eliminato quella poco conveniente sviluppa altre due caratteristiche che si suddivideranno a loro volta in altre alternative (tipologia di schema ad albero).
Per quanto riguarda il piano linguistico bisogna ricordare che Machiavelli utilizza un linguaggio semplice e chiaro, senza adornamenti letterari, poiché ritiene che sarà il contenuto stesso a elevare l’opera. Per concludere questa analisi del capitolo 17 de Il Principe è necessario sottolineare che l’attenzione del lettore è spesso spostata dal soggetto principe a ciò che è necessario fare per mantenere il regno, presentando dei chiari esempi per rendere più esplicite le conseguenze di un determinato comportamento.

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