Teoria economica di Adam Smith

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Teoria economica di Adam Smith

In questo articolo trovate le principali caratteristiche della teoria economica di Adam Smith.
Adam Smith nacque nel 1723 a Kirkaldy, una cittadina scozzese vicino a Edimburgo. Sin da subito si presentò come un giovane brillante e propenso alla riflessione, ma di famiglia modesta faticò a procedere negli studi. Fu un ottimo studente all’Università di Glasgow, dove frequentò professori che influirono sulla sua visione e formazione intellettuale, inoltre si appassionò alla filosofia morale. Dopo aver vinto una borsa di studio a Oxford conobbe David Hume, importante filosofo dell’epoca di cui divenne grande amico.
Nel 1766 dopo essere tornato dalla Francia si dedicò interamente alla scrittura dell’opera “La ricchezza delle nazioni”, che pubblicò nel 1776. Il libro riscosse grande successo e gli permise di acquistare fama, poco dopo venne infatti assunto come consulente economico per il governo. Smith morì nel 1790.
Smith conosceva i progressi che la tecnologia aveva fatto in quegli anni, era amico di Watt, inventore del motore a vapore, tuttavia non poteva conoscerne la portata rivoluzionaria.
La ricerca e la teoria economica di Adam Smith si fondavano principalmente su due fattori: la libertà e l’espansione del mercato. Secondo Smith l’apertura al libero scambio, l’abolizione dei monopoli pubblici, l’istruzione e una seria amministrazione pubblica erano le premesse fondamentali per il benessere e la ricchezza delle nazioni. Le due principali opere di Smith discutono i benefici ma anche i limiti della benevolenza in ambito morale (Teorie dei sentimenti morali) e quelli dell’egoismo nell’ambito economico (La ricchezza delle nazioni). Secondo Smith esiste una coesione, o meglio una sinergia tra interesse individuale e collettivo. Questa coesione è un risultato poco scontato derivante dall’operare specifico del mercato, la grande istituzione sociale che Adam Smith descrive in maniera dettagliata. Il mercato permette l’incontro di chi vuole vendere prodotti per guadagnare e chi li compra per soddisfare un bisogno e trarne un’utilità, tale incontro determina il prezzo dei prodotti e le relative quantità scambiate. Dunque se i mercati saranno liberi, quindi concorrenziali, il prezzo dei prodotti sarà minore e le quantità prodotte e vendute saranno maggiori. Smith introduce poi il concetto di “mano invisibile”, ossia il processo secondo cui il mercato concorrenziale fa si che le scelte individuali (mosse dall’interesse personale) favoriscano il benessere collettivo. Smith è considerato il fondatore dell’economia come scienza autonoma, poiché affronta e propone molti temi che saranno oggetto di studio dell’economia politica.
Smith tra i molti studi, agli albori della rivoluzione industriale, elaborò la prima teoria del valore, meglio nota come la teoria del valore lavoro.
Smith iniziò distinguendo il valore d’uso e il valore di scambio dei beni.
Il valore d’uso è il risultato di una valutazione soggettiva, esso misura l’attitudine di un bene a soddisfare i bisogni del singolo individuo.
Il valore di scambio scaturisce invece dal mercato e per questo ha una base, un fondamento oggettivo. Quest’ultimo misura la capacità di un bene di essere scambiato sul mercato con altri beni o moneta. Il fatto che un bene abbia un’ alta utilità e quindi valore d’uso per chi lo possiede non significa che conservi tale valore al momenti in cui viene ceduto sul mercato. L’acqua ad esempio ha una grande utilità per svariate attività dell’uomo, tuttavia come dice Smith con essa “non si potrà acquistare quasi nulla”.
Secondo la teoria economica di Adam Smith il valore di scambio può essere definito come la capacità di acquisto della ricchezza. Più un bene possiede valore poiché si scambia con altri beni o moneta, più quest’ultimo è in grado di procurare ricchezza e benessere e di soddisfare i bisogni dell’uomo. Sorge però spontanea una domanda…come si misura il “livello” del valore? Secondo Smith il valore di ogni bene è costituito dal lavoro, dunque ogni oggetto scambiato assume valore in base al lavoro in esso incorporato.
Smith distingue il valore lavoro in due categorie: il valore lavoro contenuto, ovvero il valore che un bene assume in base alla quantità di lavoro incorporato in esso e il valore lavoro comandato, ovvero il valore che lo stesso bene assume quando viene immesso sul mercato per essere scambiato con altri beni.
Secondo Smith nell’economia capitalistica o sistema capitalistico, visto che il lavoratore non è più titolare dell’intero prodotto, di cui divide i vantaggi con il capitalista e il proprietario fondiario non vi può essere coincidenza fra lavoro comandato e lavoro contenuto (il primo assorbe il secondo e determina l’ammontare dei compensi per capitale e terra). Smith concluderà dicendo che nel capitalismo, il valore dei beni prodotti sarà pari al costo di produzione, cioè quanto è necessario retribuire coloro che hanno partecipato alla produzione del bene stesso ( salari, profitti e rendite).

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