Le Rime di Dante Alighieri

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Le Rime di Dante Alighieri

Le rime di Dante Alighieri

L’attività lirica accompagnò Dante dagli esordi fino alla composizione della Commedia.

All’insieme delle liriche che non rientrarono nella Vita Nova e nel Convivio viene dato il titolo convenzionale e generale di Rime. La produzione lirica si può dividere in tre momenti temporali: le rime della giovinezza, le rime della maturità e le rime dell’esilio.

Le rime di Dante Alighieri della giovinezza fanno affiorare chiaramente l’influenza cortese e quella guittoniana, caratterizzanti l’apprendistato del poeta.

L’influenza dell’amico Guido Cavalcanti si nota in particolare a livello formale, per la cura del lessico, per la personificazione dei sentimenti e per le espressioni mutuate della filosofia aristotelica. A livello tematico ci sono delle espressioni dell’amore tormentato e doloroso di Cavalcanti.

Tuttavia durante l’elaborazione della Vita Nova Dante si discosta dall’amico dando adito a un altro grande maestro, Guido Guinizzelli. Nella sua poesia d’amore Dante riprenderà le caratteristiche fondamentali di Guinizzelli quali la virtù di amare, la donna come essere superiore all’uomo (figura angelica) e il legame tra amore e nobiltà morale.

Dante porta a compimento queste caratteristiche nella concezione generale della natura angelica (quasi divina) della donna.

Nelle rime della maturità Dante presentò lo sperimentalismo.

Dante recuperò la dimensione comico-giocosa e scambiò una serie di sonetti con Cecco Angiolieri, in seguito compose le rime “petrose” canzoni dedicate a una donna che rifiuta con durezza il suo amore. Dante mette anche in pratica alcune sperimentazioni metriche recuperando la sistina.

Le rime dell’esilio sono essenzialmente rime allegoriche e dottrinali, generalmente canzoni, in origine destinati al Convivio la cui stesura rimase interrotta. Esse presentano principalmente temi civili e morali, troviamo infatti Tre donne intorno al cor mi son venute, una poesia dedicata alla  giustizia, scritta subito dopo la condanna all’esilio nel 1302. Tuttavia Dante non abbandonò totalmente la poesia amorosa poichè prima di dedicarsi alla composizione del poema scrisse Amor da che convien pur ch’io mi doglia (1307).

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