Pensiero filosofico di Platone

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Pensiero filosofico di Platone

Pensiero filosofico di Platone

Platone nacque ad Atene e a vent’anni divenne discepolo di Socrate.

La morte del maestro, (causata da una condanna ingiusta per corruzione verso i giovani) rappresentò per lui un evento decisivo che lo portò a una disapprovazione generale della politica del tempo, la filosofia gli parve quindi come l’unico modo per condurre l’uomo singolo e la comunità verso la giustizia.

Il primo periodo dell’attività filosofica Platone lo dedicò all’interpretazione e alla difesa della personalità filosofica di Socrate, il suo maestro (Platone è il primo filosofo di cui abbiamo tutte le opere scritte).

Secondo Platone la filosofia è una ricerca incessante e un infinito sforzo verso una verità che l’uomo non possiede mai interamente, e che deve conquistare passo dopo passo.

Oltre alla forma dialogica Platone utilizza i miti, ovvero racconti fantastici attraverso cui vengono esposti concetti e dottrine filosofiche.

Il mito può essere visto come uno strumento attraverso il quale il filosofo comunica in maniera più spontanea i propri insegnamenti, come mezzo per potere parlare di realtà che vanno al di là dei limiti entro i quali lo studio razionale deve contenersi. Due opere di Platone, l’Apologia e il Critone chiariscono l’atteggiamento di Socrate di fronte all’accusa, al processo e alla condanna, e il suo rifiuto di sottrarsi alla morte con la fuga.

L’Apologia consiste nell’esaltazione della vita consacrata alla ricerca filosofica, il Critone ci mostra invece l’accettazione serena di Socrate del destino a cui è condannato (ovvero la morte per avvelenamento da cicuta).

Nei due dialoghi troviamo anche i fondamenti dell’insegnamento socratico:

1) la virtù è una sola e si identifica con la scienza

2) nella virtù come scienza consiste la felicità dell’uomo

3) solo come scienza la virtù è insegnabile

L’Ippia e il Liside ci mostrano invece come il bello, l’utile, il conveniente eccetera non esistano quali valori indipendenti e diversi. In altri dialoghi dello stesso periodo si ribadisce invece l’esigenza di riconoscere la propria ignoranza come primo passo per intraprendere la ricerca che deve condurre alla scienza. Lo Ione tende a dimostrare come i poeti non sanno nulla delle cose di cui parlano mentre, l’Ippia minore mostra che c’è un’ identità tra virtù e scienza, perché se così non fosse l’uomo che fa il male volontariamente sarebbe superiore rispetto all’uomo che fa il male involontariamente

-> ne risulta quindi che il male è sempre ignoranza.

Nel Protagora viene effettivamente posta e dimostrata l’unità della virtù e la sua riducibilità al sapere, inoltre smentisce all’insegnamento sofistico ogni valore educativo e formativo. L’Eutidemo mostra chiaramente come il dovere, il compito della filosofia sia l’uso del sapere a vantaggio dell’uomo.

Infine nel Gorgia Platone attacca l’arte e la base stessa dell’insegnamento sofistico, la retorica.

La retorica implica infatti la convinzione secondo cui la giustizia è solo una convenzione umana. Il bene sarà quindi esercizio di virtù ovvero ricerca di una misura razionale con cui tenere a freno gli istinti, gli impulsi.

Bene->ragione     Male->impulso irrazionale

Il Cratilo si concentra maggiormente sul linguaggio, o meglio, se esso rappresenta veramente un mezzo per insegnare la natura delle cose. Secondo Platone il linguaggio serve solamente ad avvicinare l’uomo alla conoscenza delle cose.

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